La cupola di cemento costruita dagli Usa nel 1980 per contenere il materiale radioattivo sulle Isole Marshall si sta crepando. Cresce la paura per una contaminazione delle acque circostanti.

 

C’è un’area dell’oceano Pacifico centrale in cui si registrano livelli di radiazioni addirittura mille volte più alti di Fukushima e delle scorie della centrale di Chernobyl.

Nel 1980 a Runit, isolotto facente parte dell’atollo Enewetak nelle Isole Marshall, gli Stati Uniti costruirono una grossa cupola di cemento per contenere le scorie radioattive rilasciate dalle decine di test condotti sull’isola per provare l’efficacia delle bombe atomiche.

Una soluzione temporanea a cui però non fece seguito alcun piano di smaltimento dei materiali radioattivi.

Nel 1986 gli Usa concessero l’indipendenza alle Isole Marshall ma dietro questo passaggio, all’apparenza positivo, si celava una sorpresa da non sottovalutare.

La neonata Repubblica delle Isole Marshall fu costretta a siglare un patto per la cessazione di qualsiasi richiesta passata, presente e futura, relativa agli effetti causati dai test nucleari. In poche parole, da quel momento toccava alla nazione insulare gestire la cupola.

Il governo insulare oggi dichiara di non avere le risorse necessarie per ricoprire e isolare la cupola, con il risultato che a questo punto si temono danni irreparabili all’ambiente circostante.

PUNTO DI NON RITORNO?

Dalle ispezioni che i ricercatori hanno condotto negli ultimi anni, la situazione appare molto critica. La copertura di cemento presenta diverse crepe, e questo comporta il rischio di possibili dispersioni di materiale radioattivo nell’ambiente circostante.

In origine il cratere non fu mai  ricoperto, esponendo la zona a pesanti contaminazioni. Inoltre il fondo è tuttora permeabile, e le acque sottostanti risultano già contaminate, anche se, per il momento, sembra che non siano stati superati i livelli di guardia.

Analizzando 38 campioni prelevati su 11 isole dell’atollo, i ricercatori hanno riscontrato sostanziose quantità di materiale radioattivo, come l’americio-241, cesio-139 e plutonio-239, lo stesso rilevato dopo l’esplosione della centrale di Chernobyl.

La più alta percentuale si registra sull’isola di Bikini, isola nella quale gli Usa fecero detonare Castle Bravo, bomba a idrogeno utilizzata come test nucleare al termine della Seconda Guerra Mondiale.