Lorenzo Cremonesi: l’era Trump è una sfida enorme per il giornalismo

L’ascesa di Donald Trump alla Casa Bianca sta al giornalismo come la Brexit sta all’Unione Europea. Ne è convinto Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera in Medio Oriente che in questo colloquio spiega la sua lettura della crisi del giornalismo e traccia la via per superarla.
“O la stampa cambia recuperando il suo ruolo di critica al potere o muore. E’ una sfida pazzesca: con la Brexit o l’Europa diventa Europa politica oppure fallisce. Lo stesso può avvenire con la stampa sotto gli attacchi di Trump. Solo quando la stampa è sotto attacco e il suo ruolo viene messo in dubbio ci ricordiamo di quanto sia importante”.
L’occasione per parlare con Lorenzo Cremonesi è la clamorosa censura operata da Trump che ha escluso alcune delle più importanti testate del pianeta, dal New York Times alla Cnn, dal briefing con la stampa alla Casa Bianca. Il paragone che propone è impietoso per il presidente degli Stati Uniti:
“E’ clamoroso, Nyt e Cnn sono sempre stati considerati media del mainstream americano e vengono lasciati fuori dalla Casa Bianca. Io lavoro in zone dove la democrazia è poco di casa e a me vengono in mente la Siria di Assad o l’Egitto di Al Sisi, l’Irak di Saddam Hussein, la Libia di Gheddafi. Insomma – spiega Cremonesi – c’è l’idea che i media siano dei nemici, che i media vadano censurati e controllati. Addirittura Trump ci ha chiamato “nemici del popolo. Trump dice “tu parli e tu non parli”. Se l’è presa con la Bbc, li ha definiti i soliti pallonari”.
Qual è la risposta?
“L’unico modo che abbiamo per difenderci è la professionalità -dice Cremonesi- la difesa della nostra professione, della conoscenza e di un iter di lavoro: non è che tu arrivi e siccome sei presente in un luogo e vedi qualcosa mentre accade qualcosa sei un reporter. Al Corriere una volta non si firmava se non dopo 10 anni di desk, era quasi una legge scritta. C’era un iter e questa professionalità è la difesa davanti al becerume”.
I media, quindi, devono puntare tutto sulla qualità dell’informazione. Sulle “real issues”, i fatti reali che sono l’antidoto alla post verità e alle “fake news”
“E’ fondamentale il ruolo dei media indipendenti e della stampa libera. Pensate ad Abu Graib. Newsweek e poi il Nyt hanno subito diffuso le immagini e le informazioni sulla prigione gestita dagli americani a Baghdad -spiega Cremonesi- perché erano notizie. Poi anche la Fox, che non era certo contro Bush, ha mostrato le immagini e quelle fotografie sono diventate il simbolo del fallimento della politica americana in Irak. Un lavoro il cui merito è di quegli stessi media vengono accusati di essere dei falsi. La stampa americana per noi europei è sempre stata un modello. Pensate al Watergate, al Vietnam dove gli Stati Uniti sono stati sbugiardati dalla grande stampa che ha diffuso le immagini dei bombardamenti, del napalm. La stampa americana è il quinto potere e oggi viene imbavagliato. Ma quel modello di stampa è stata un modello per tutti“.
I populismi sono aggressivi con la stampa e cercano di superare la mediazione del giornalismo. L’avvento di Internet e dei social media ha aperto enormi opportunità di conoscenza e di sviluppo ma ci pone anche di fronte a problemi inediti perché si tratta di strumenti che possono essere facilmente utilizzati per veicolare il peggio, oltre che il meglio.
“C’è una responsabilità del giornalismo di massa -risponde Cremonesi- siamo davanti a una grande sfida: tornare a raccontare i fatti, non facendoci prendere dal turbinio del mainstream. E’ c’è un elemento nuovo: la rete ha creato potenzialmente miliardi di giornalisti, ha creato un nuovo protagonismo. C’è un bisogno di protagonismo che prima non c’era, è un bisogno indotto e costruito e che si rilancia dai nuovi media. La risposta, ancora una volta, è la professionalità. Ad esempio, di fronte al modo in cui Assad e dittatori a lui simili utilizzano i social media, i maggiori media tornano ad avere un ruolo. La stampa attaccata torna a essere importante, ad esempio con il fact checking. Pensiamo ai legami tra Trump e il suo entourage e la Russia, che la stampa sta scavando. Esattamente come fa la stampa italiana con i 5 Stelle. Se ti presenti come movimento pulito è giusto che tu venga controllato”