Siamo arrivati a un punto in cui la cultura della sostenibilità deve diventare un valore condiviso e in cui ognuno gioca un ruolo di forte responsabilità. 

Se Greta ha svegliato le coscienze sull’aspetto ambientale della sostenibilità, il Covid ha imposto di aprire gli occhi sul suo aspetto sociale ed economico, evidenziando le fragilità della nostra società globalizzata e interconnessa e l’inadeguatezza dell’attuale modello economico globale.

Un dato confermato dall’Osservatorio Sostenibilità & Comunicazione che noi di Mediatyche, insieme a Homina e Format Research, svolgiamo annualmente per comprendere il “sentiment” delle imprese verso il concetto di sostenibilità.

Nell’ultima ricerca si registra infatti un considerevole aumento della consapevolezza – il 57% delle imprese vs il 41,5 nel 2019 – che per ritenersi sostenibile una società debba rispettare contemporaneamente i parametri di tutte e tre le aree – ambientale, sociale ed economica.

 

 

Un risultato che fa ben sperare, ma che impone delle riflessioni profonde e una visione strategica a lungo termine e che, soprattutto, chiama in prima linea imprenditori e manager. Chi ha la responsabilità di un’impresa deve essere in grado di gestire questo cambiamento radicale, integrando all’interno della strategia aziendale tutte e tre le dimensioni, altrimenti non si può parlare di vero sviluppo sostenibile.

Su cosa sono chiamati a riflettere e ragionare imprenditori e manager

Sono tanti, tantissimi gli aspetti che un imprenditore o un manager deve considerare, ma dal nostro Osservatorio ci sentiamo di soffermarci su quattro:

  • Avvalersi del supporto di persone esperte
  • Inserire anche la dimensione sociale nel piano di sviluppo della sostenibilità
  • Pensare a un modello di economia circolare
  • Mantenere una comunicazione costante con gli stakeholder

Diventa sempre più impellente per le imprese avvalersi di figure esperte di sostenibilità, che siano capaci di ripensare e mettere in discussione gli attuali modelli di produzione e consumo, e svilupparne di nuovi.

Ad oggi in Italia la maggior parte delle piccole e medie imprese non ha un’organizzazione adeguata al riguardo.

Dal nostro Osservatorio appare chiarissimo il divario tra multinazionali e pmi, soprattutto sulla dimensione sociale della sostenibilità di cui si sta solo oggi raggiungendo una prima consapevolezza.

Su questo fronte, solo un’impresa su quattro prevede programmi verso la comunità territoriale, mentre i benefit aggiuntivi per i dipendenti sono previsti dalla metà delle imprese del campione, ma con significative differenze tra settori e classi dimensionali.

 

 

E’ evidente che c’è ancora molto lavoro da fare, ma è compito anche di noi consulenti sensibilizzare il top management e guidarlo, soprattutto quello delle pmi, nell’integrazione di iniziative misurabili a favore dei dipendenti e del territorio. Allo stesso modo c’è un forte bisogno di consigliare le aziende sulle opportunità economiche e finanziarie messe a disposizione per chi decide di integrare la sostenibilità nel modello di business. Mancanza di budget e di competenze sono infatti le principali difficoltà che quasi un’impresa su due (46,1%) incontra nel proprio percorso verso la sostenibilità.

Si tratta di un cambio di paradigma non solo culturale in cui la finanza ha un ruolo chiave per avviare la transizione. Una transizione in cui l’economia circolare è la risposta.

Concludendo, abbiamo visto che per costruire un futuro sostenibile è necessario cambiare mentalità, modelli di produzione e di consumo, avvalersi di figure esperte in materia e includere sempre tutti e tre gli ambiti della sostenibilità. Ma questo non basta perché gli stakeholder che credono nel vostro brand e vi supportano hanno bisogno di avere un dialogo costante con voi e questo presuppone un nuovo modello di marketing. La comunicazione della sostenibilità ha delle logiche precise e si basa sui principi della trasparenza e della dimostrabilità e misurabilità delle azioni compiute.

Purtroppo però le risorse dedicate, nel 43,4% dei casi, non sono isolabili dal resto del budget destinato alla comunicazione, laddove invece si isola tale quota, questa risulta molto bassa, appena il 5%.

 

E’ evidente che un ulteriore sforzo va fatto anche in questa direzione.

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