Come si risponde alla crisi economica provocata dall’emergenza coronavirus?

Quali sono le prospettive per l’Italia e l’Europa?

L’IMPATTO DEL CORONAVIRUS SULL’ECONOMIA. Sebbene la tutela della nostra salute e la responsabilità personale di restare a casa restino la priorità assoluta in questo momento, è inevitabile la preoccupazione riguardo all’impatto economico del lock down in atto. Per far luce sull’argomento, abbiamo posto alcune domande all’esperto di economia Gianfranco Fabi, giornalista – già vicedirettore de Il Sole 24 Ore e di Radio 24 – e docente di Tecnica e scenari della comunicazione economica all’Università Carlo Cattaneo – LIUC – di Castellanza.

Questa è senza dubbio una crisi inedita, con logiche diverse da tutte le precedenti”, ha spiegato Fabi. “Si è fatto il paragone con la crisi de ’29 e quella del 2008, ma quelle erano crisi nate dall’economia, ora la situazione è molto diversa. Il punto centrale è capire come affrontarla e come uscirne, considerando l’inevitabile impreparazione dei politici e dei tecnici che al momento stanno procedendo a tentoni”.

Secondo Fabi, per affrontare al meglio la crisi economica da COVID-19 è fondamentale riuscire a bloccare la spirale negativa che vede meno consumi, meno salari e meno posti di lavoro: “L’uscita dalla crisi richiederà un intervento molto consistente, forte e mirato: non si può pensare che bastino la leva fiscale, la leva monetaria, la leva dell’assistenzialismo. Queste leve saranno tutte necessarie, ma non sufficienti se utilizzate singolarmente. La chiave sta nel dare una prospettiva concreta alle persone. L’auspicio è che le politiche assistenziali non prevalgano su quelle strutturali, che devono aiutare gli investimenti pubblici e di conseguenza la creazione di posti di lavoro. Detto in altre parole, più che dare soldi alle persone hanno perso un lavoro, bisogna dare loro un lavoro. Questo è sicuramente molto difficile, ma è l’unica soluzione efficace a lungo termine”.

In un mondo globalizzato e caratterizzato dall’intersecazione delle filiere produttive, il blocco totale di molti settori coinvolge diversi Paesi, e questo costituisce un’aggravante della crisi.

Per molti anni, per esempio, abbiamo avuto un traino dall’economia cinese che ha esportato molto”, continua Fabi. “Negli ultimi tempi, però, la Cina era diventata anche un grande importatore dai paesi occidentali, soprattutto nei settori del lusso. E’ previsto che il suo tasso di crescita si dimezzi passando da un +6% a un +3%, e questo avrà inevitabilmente ripercussioni economiche sulla nostra economia”.

Ma quali sono le previsioni per i paesi europei?

Secondo i dati più recenti dell’Ifo – Il principale Istituto di studi tedesco – nel 2020 il PIL della Germania, che negli ultimi anni era sempre in crescita, registrerà un -4,2%. Le previsioni sono però incoraggianti per il 2021, in cui si prevende un tasso di crescita del +5,8%. La forte caduta di quest’anno sarà perciò compensata dalla grande ripresa del prossimo anni che “pareggerà i conti”. Per l’Italia e per altri Paesi sarà molto più difficile la ripresa, per questo la Germania rappresenterà un traino fondamentale per l’Europa.

Per quanto riguarda i settori su cui l’Italia deve puntare per l’uscita dalla crisi, c’è sicuramente quello alimentare, da sempre punto forte del nostro Paese, assieme a quello farmaceutico e sanitario. In Italia però sono essenziali anche il settore automobilistico e il turismo, al momento totalmente bloccati.

Che impatto avrà la crisi da coronavirus sul raggiungimento degli obiettivi indicati dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile? L’economia circolare può essere applicabile già ora per poter poi garantire una visione a lungo termine?

“Indubbiamente l’economia circolare è una grande risorsa, poiché consente dei risparmi di produzione e aiuta quindi la competitività delle imprese su molti fronti”, ha commentato Fabi. “Si tratterà però di vedere che tipo di investimenti pubblici si potranno avere, soprattutto nella fase di avvio. Purtroppo non penso ci sia la capacità da parte della classe politica di cogliere questa opportunità”.

Abbiamo chiesto a Fabi anche la sua visione da giornalista riguardo all’operato dei media durante l’emergenza:

 “Non ho un giudizio molto positivo, ma ci sono due attenuanti: i media si sono trovati di fronte a un fatto eccezionale, perciò è comprensibile che fossero impreparati come tutti. Inoltre, le fonti di informazioni spesso non sono state sufficientemente chiare ed esaustive. Do la sufficienza alla stampa che, nonostante nella fase iniziale dell’emergenza sanitaria abbia accentuato eccessivamente i toni, poi ha fatto un grande sforzo nella direzione di una comunicazione costruttiva. La televisione invece ha peccato di monotematicità e di scarso approfondimento”.

 

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