La sostenibilità sociale e ambientale è sempre più un asset strategico per le imprese. Due esempi vengono da grandi realtà economiche e finanziarie del calibro di Unilever e DuPont. La sostenibilità fa oggi parte della mission di queste multinazionali.

E la comunicazione gioca un ruolo fondamentale. Fin dal 2013 Unilever ha investito ingenti somme di denaro per comunicare ai propri managers la strategia che punta sul dimezzamento dell’impatto ambientale, aumentando al contempo i profitti.

Il Ceo di Unilever Paul Polman ha indicato la strada dell’inclusione e della valorizzazione della diversità in un mondo che gli strateghi militari definiscono “Vuca”: volatile, uncertain, complex and ambiguous (volatile, insicuro, complesso e ambiguo).

Anche DuPont ha investito denaro, e un lavoro durato diversi mesi, per comunicare ai top managers e ai dirigenti la nuova filosofia che si può riassumere in “sicurezza, crescita sostenibile, creazione di soluzioni sostenibili per le persone”.

“La nostra visione – scrive DuPont – è quella della più dinamica compagnia mondiale nel creare soluzioni sostenibili per una vita migliore, più sicura e più sana per le persone, ovunque vivano, e i nostri valori sono la sicurezza e la protezione dell’ambiente e delle persone, a partire dai valori della nostra azienda”.

Tutto questo si chiama “corporate identity” e l’investimento di risorse nella sua creazione e affermazione non può più essere procastinata. Se i pionieri sono stati marchi che coltivavano una immagine green e sostenibile come, per fare due esempi, Patagonia o Body Shop, oggi sono i big player internazionali a considerare irrinunciabile la sostenibilità.