Stefano_Parisi

In effetti, il tono di giallo scelto per il logo della campagna elettorale di Stefano Parisi somiglia molto a quello del marchio di Fastweb, la società di Tlc di cui il candidato sindaco del centrodestra a Milano è stato amministratore delegato. E anche il taglio obliquo che separa il giallo dal bianco sui manifesti ricorda la linea dinamica del logo dell’azienda.

Fastweb è una delle eccellenze di Milano. Ci sta che Parisi abbia voluto sottolineare il suo contributo, visto l’ingrato compito di competere in popolarità e in “cultura del fare” con Giuseppe Sala, “Mister Expo”.
“Il giallo per noi è il colore di Milano: giallo come il tram, come il risotto e come il bike sharing” dice a Mediatyche Cinzia Messori, responsabile dell’ufficio stampa di Parisi per la campagna elettorale, fornendo l’interpretazione ufficiale.

L’idea del colore giallo, scelto per coniugare tradizione e modernità, è di Marco Di Marco, dell’Agenzia Take, che ha ideato la campagna.

E in effetti il giallo ha un ulteriore significato: si pone cromaticamente in competizione con l’arancione, il colore vincente della campagna elettorale di Giuliano Pisapia, usato ancora oggi dai suoi eredi della lista SinistraXMilano che sostiene Giuseppe Sala.

E’ di Di Marco anche il claim della campagna: Io corro per Milano.

Correre è una idea che si associa bene alla nostra città” spiega Messori “Milano è una città che corre. E la corsa è il passo del maratoneta che insegue l’avversario e lo supera. Sala ha il vantaggio di essere l’uomo di Expo, Parisi allora deve correre. Con la presenza fisica, con la spontaneità di chi va dappertutto, con la sua empatia”.

Parisi gira la città assieme a un autista volontario, ormai entrato nell’iconografia della sua campagna elettorale: Carlo Rossano, un giovane che si è fatto avanti tra i volontari della campagna. E con lui c’è sempre Niamh Ryan, cittadina irlandese, assistente personale. Il responsabile dei rapporti con le televisioni nazionali è Daniele Renzoni, mentre gestiscono i social Elisa Serafini e Simone Bressan.

Parisi ha un carattere aperto che gli deriva dall’essere romano. Milano non è città di campanilismi, è una metropoli cosmopolita, ma i richiami alla milanesità gli servono anche per scongiurare il possibile gap nei confronti del brianzolo Sala.

Una campagna elettorale giocata sui simboli quindi, e sui richiami inconsci.

Dove però non manca la politica. Il curriculum del candidato di centrodestra è quello di un laico, con un passato socialista. Un profilo progressista che segna una contraddizione: alla testa del centrosinistra c’è un uomo che non ha mai fatto politica, alla guida del centrodestra c’è un competitor che avrebbe potuto essere il candidato della coalizione avversaria.

E’ la politica liquida. Ma con radici chiare nel centrodestra.

Parisi ha voluto che Gabriele Albertini, l’ex sindaco che per otto anni rappresentò la Milano vincente di centrodestra, fosse il suo capolista. Parisi lo ha definito “lo spirito degli anni ’90” con una scelta, il richiamo al passato, che ha fatto discutere. Perché guardare al tempo che fu? Una spiegazione, indiretta, la cogliamo dalle parole di Cinzia Messori:
“Il nuovo Skyline di Milano che tutti amano e ammirano fu ideato in quegli anni, quando Parisi era City Manager di Albertini”. Come dire, Pisapia e Sala fatevi da parte.
La stessa Messori è stata Ghost Writer di Albertini ai tempi di Palazzo Marino. E non è finita qui perché lo staff politico di Parisi si compone anche di Bruno Dapei, Forza Italia, capo della Segreteria Politica.

La libertà e l’autonomia dai partiti vuole rimanere la cifra di Parisi. Per questo la sua campagna elettorale continuerà puntando sugli eventi tematici: cultura, scuola, lavoro. Il responsabile della campagna è Guido Zucchini, l’uomo dei manifesti e degli eventi, a cominciare da quelli, seguitissimi, ai teatri Dal Verme e Franco Parenti per i lanci della candidatura e della sua lista civica.