La storia è semplice e descrive lo stato drammatico in cui versa l’editoria in Italia. Alcuni giornalisti de “L’Unità” hanno ricevuto ingiunzioni di pagamento e pignoramenti di beni materiali, a cominciare dalla casa, per debiti accumulati negli ultimi anni in cui il giornale è stato in edicola. Si tratta di cifre che vanno dai 15mila Euro per una cronista ai 400mila euro nel caso della ex Direttrice Concita De Gregorio, a titolo di risarcimento per cause civili per diffamazione perdute. Se l’editore de “L’Unità”, la “Nuova Iniziativa Editoriale”, non fosse fallita, il debito sarebbe stato con tutta probabilità estinto dalla società. Ma in caso di querela per risarcimento danni il redattore e il Direttore Responsabile sono responsabili in solido con l’editore. Non esistendo più l’editore, rimagono i beni materiali dei giornalisti. Della vicenda si sono interessati il Presidente della Camera, Laura Boldrini e il sindacato unico dei giornalisti italiani, la Fnsi.
“Non può essere questo l’esito, nemmeno dal punto di vista politico” protesta De Gregorio chiedendo interventi più alti.
Il caso de “L’Unità” è emblematico ma ci chiediamo cosa sarebbe accaduto se non fossero stati coinvolti nomi e marchi così celebri. Quanti casi De Gregorio ci sono in Italia? Quanti giornalisti intimiditi dalle querele per diffamazione?
“Al Corriere di Livorno eravamo terrorizzati dalle cause” dice l’ex Direttore Emiliano Liuzzi, il quale racconta una storia paragonabile a quella che ha coinvolto “L’Unità” e la sua ex Direttrice.
“Attualmente sto pagando 15.000 euro, devo rimborsare l’Inpgi e pagare un altro paio di avvocati che mi hanno difeso d’ufficio” ha scritto Liuzzi a “Dagospia”.
“Non serve la chiusura della società -ha continuato- basta che un gruppo editoriale si rifiuti di pagare o comunque limitarsi a pagare in solido solo la sua parte e il sistema della carta stampata salta per aria”.
L’Italia è agli ultimi posti nella classifica internazionale sulla libertà di stampa redatta da Reporters Sans Frontieres: solo 73a nel 2015. Colpa degli editori che nella maggior parte dei casi non sono editori puri ma sono soggetti che utilizzano la carta della stampa nel grande gioco delle relazioni politiche ed economiche. Colpa dei giornalisti, abituati per pigrizia, interesse o paura a essere parte di quel gioco. Colpa dei lettori che non spendono denaro per finanziare i prodotti di qualità.
Colpa forse anche dei finanziamenti pubblici che, se hanno tenuto in vita molte testate, hanno posto una ulteriore ipoteca sulla libertà di stampa. Gli editori de “L’Unità” hanno ricevuto, nei 14 anni di attività, 60 milioni di Euro di denaro pubblico.