Diritto alla bufala
Chi non ha mai avuto l’amico “ballista”? Quello che le sparava grosse? Chi non ha mai incontrato al bar del paese quello che raccontava di aver avuto una travolgente storia di sesso con Brigitte Bardot o qualche altra pin up del tempo?
Balle che avevano un ristretto raggio d’azione, si infrangevano contro il muro di cinta della scuola o contro la parete del bar. Oggi, grazie a facebook e alla rete, le balle possono avere un orizzonte planetario e una vita quasi infinita. Ma la sostanza non cambia: vi sarebbe mai venuto in mente di chiamare la polizia per certificare la falsità della panzana raccontata dall’amico o dal latin lover del paese? Certamente no e se l’aveste fatto avrebbero preso voi per pazzo. Eppure è proprio quello che sta per accadere e che tutti anelano accada. E ci si mette pure facebook – bontà sua – a dare la caccia ai fake. Come? Che domande, con l’algoritmo! Quell’algoritmo che non becca i deliri neonazi di gruppi organizzati d’ora in avanti si arrogherà il diritto di decidere (eh potenza della scienza) verità e falsità.
Diciamo la verità (per quanto la verità sia relativa, per tutti tranne che per facebook!): questa è vera follia. Con l’algoritmo si darà caccia implacabile alle fake degli amici sparapalle, forse. Magari si taciterà anche qualche utente un po’ “fuori dal coro”. Ma sono davvero queste le fake news che fanno paura? No. Le “balle” che cambiano la storia, che provocano danni veri non sono queste, ma quelle create ad arte da professionisti del depistaggio, della disinformatia, della corruzione. Le scie chimiche sono idiozie inventate da buontemponi ma dalla portata limitata. Le armi di distruzioni di massa irachene sono state inventate da menti forse non molto più raffinate, ma certamente più potenti, più subdole, più pericolose. E azzardo troppo se dico che facebook se le sarebbe bevute, proprio come se le sono bevute i media di tutto il mondo? Penso proprio di no.
Massimo Tafi