Forse non servirà a frenare la crisi della carta stampata, che pare irreversibile. Ma potrebbe fronteggiare la crisi del giornalismo. Stiamo parlando dell’editoria locale.

Le grandi testate nazionali sono alle prese con vendite nelle edicole sempre più ridotte e, al tempo stesso, con un mercato on line che non decolla, tra pubblicità in rete e vendite delle copie digitali inferiori alle aspettative. E’ la crisi di un modello industriale e, al tempo stesso, è la crisi di senso di un modello giornalistico fondato sull’opinione, l’editoriale, l’invettiva politica.

Nell’epoca della perdita di credibilità della politica anche la stampa italiana, fondata, soprattutto a livello nazionale, su un paradigma politico-centrico, paga le conseguenze dell’eccessiva attenzione al “palazzo”: uno squilibrio tale da essere percepita non come “cane da guardia” ma come parte del cosiddetto “establishment”.

L’informazione locale ha di fronte a sé un’occasione di riscatto e di rilancio. Riprendendo e adeguando ai tempi un modello di stampa popolare legata al territorio che, dagli anni ’70, si è andato diffondendo per poi subire a sua volta la crisi.

Se oggi i grandi fatti nazionali e internazionali sono “coperti” da una miriade di fonti, non sempre all’altezza, la vita delle comunità più piccole può essere raccontata solo dalle testate locali.  C’è molta “fame” di informazione, e le testate locali, tradizionali e digitali, quotidiane e periodiche, possono assumere il ruolo di volano, di stimolo alla crescita del territorio in cui operano. A patto di investire sulla qualità, la credibilità e l’indipendenza da interessi e influenze.