Troll e webeti all’attacco di Internet: la risposta è la qualità di informazione e pr

I troll stanno distruggendo la Rete. La tesi, drammatica, è del settimanale Time.
Gli odiatori seriali, i bulli, gli aggressivi che imperversano sui social e sui siti di informazione hanno stravolto lo spirito di Internet. Time non ha dubbi circa il rischio che sta correndo Internet: da luogo dell’utopia democratica e strumento di libertà, Internet è sempre più inquinata dalla violenza degli hate speechers.
La politica, le donne, le minoranze, le categorie deboli sono i contesti in cui più facilmente si scatenano. I troll esprimono forme di bullismo, di narcisismo e di altri disturbi della personalità ma, anche, deliberate strategie di manipolazione del dibattito pubblico. In Italia fu Umberto Eco, prima di morire, a smontare le illusioni di chi credeva nelle proprietà messianiche della Rete:
«I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».
Recentemente Enrico Mentana, giornalista di fama e web star italiana, ha coniato il neologismo di webete per definire chi si fa portavoce di bufale scopiazzando qua e là sui social tesi improbabili condite da qualunquismi, risentimenti, razzismi.
I pericoli del dilagare dei troll, dei webeti, degli hate speechers sono molteplici. Sono modalità che tendono a semplificare all’estremo il discorso, a dividere il mondo in buoni o cattivi, a mortificare il ragionamento razionale, scalzato dalla forza del qualunquismo. Una bufala che assecondi i sentimenti populisti ha una capacità di diffusione molto grande e fermarla è difficile.
Per il giornalismo, per la comunicazione, per le pubbliche relazioni, è una minaccia e allo stesso tempo è una grande sfida.
Scrive Time che da una propria indagine l’80 per cento dei suoi scrittori ha rinunciato a discutere di certi argomenti per evitare gli attacchi. E che circa la metà delle donne dello staff ha valutato l’ipotesi di lasciare il giornalismo pur di non continuare a subire le intimidazioni e le violenze verbali.
Quando possibile, i troll devono essere bloccati. Ma non basta. La risposta ai troll non può essere la paura e non può essere la rinuncia.
La risposta è l’informazione di qualità, fondata sul fact checking, sull’elaborazione di un sistema di pensiero solido, su una visione ampia. E’ una strada più difficile rispetto a quella, che forse nell’immediato può pagare in termini di click o di copie vendute, dell’assecondare i sentimenti più bassi, ma è la sola strada che possa mettere un argine all’onda crescente dell’aggressività e del bullismo on line.